Vocabolario della critica
«Patrizia Luppi è giornalista professionista e fa parte dell’Associazione italiana dei critici musicali. Ha insegnato Elementi di critica musicale all’Accademia del Teatro alla Scala».
«Cari amici del pubblico, tutti noi dell’Associazione Musicale Angelo Mariani desideriamo rendere ogni concerto un’esperienza sempre più completa per voi. Stiamo pensando a diversi modi di informarvi e anche di coinvolgervi, perché chi di voi lo desidera possa assumere un ruolo attivo, non limitandosi all’ascolto. La prima novità in questa direzione è la sezione di questo sito dedicata alla critica musicale, comprendente un vocabolario che sarà arricchito ogni giorno di una nuova voce: un’introduzione alla critica che speriamo sia di vostro interesse e che potrà sfociare in un vostro impegno diretto. Dopo ogni concerto della Stagione, infatti, chi vorrà potrà mandarci la sua recensione: un breve testo che tenga conto dei consigli dati e che contenga le vostre impressioni e le vostre riflessioni. Pubblicheremo ogni volta sul sito una scelta dei testi che ci invierete. Per prepararvi a ogni concerto, un’altra novità: con qualche giorno di anticipo, troverete qui alcuni link a pagine internet riguardanti il programma che sarà eseguito, con notizie e approfondimenti; inoltre, pubblicheremo ogni volta qualche curiosità sui brani proposti, sperando di incuriosirvi e divertirvi. Fateci sapere, per favore, se queste iniziative sono di vostro gradimento o se avete consigli in proposito: potete scrivere alla nostra email associazione@ angelomariani.it. Speriamo che la vostra esperienza di ascolto sia ogni volta soddisfacente e sempre più partecipe.»
A cura di Patrizia Luppi
Amore. Il primo requisito essenziale per un bravo critico è l’amore per la musica. Sembra incredibile, ma alcuni musicologi si limitano a studiare e analizzare spartiti e partiture e non assistono mai a un concerto o un’opera dal vivo; al massimo ascoltano un CD. Un tale distacco non si addice a un critico, e non soltanto perché è obbligatorio assistere all’avvenimento musicale da recensire. Una condizione necessaria per la costruzione e il perfezionamento della competenza critica è l’ascolto diretto, attento e partecipe, che non può esimersi dal mettere in gioco la passione e le emozioni.
Basi. Le emozioni suscitate dall’ascolto sono molto importanti, ma non possono essere l’unico fondamento della critica musicale. Per scrivere una recensione corretta sono essenziali le basi, cioè la conoscenza della teoria della musica, possibilmente anche la pratica su uno strumento o con la voce, e lo studio di testi che riguardino il lavoro in oggetto. Questo non toglie, tuttavia, che anche chi non ha conoscenze specifiche e si limita all’ascolto possa provare a scrivere una critica, anche se non sarà di livello professionale. Può essere utile confrontare interpretazioni, leggere con cura il programma di sala quando c’è, informarsi sul brano e sul compositore grazie alla propria biblioteca personale o alle infinite possibilità offerte da internet.
Costruzione. Una critica, in ambito musicale come in altre discipline, può essere costruita in molti modi, ma deve comprendere alcuni dati essenziali. Alcuni sono scontati: luogo e data, interpreti, programma del concerto o titolo dell’opera. Non devono essere necessariamente in quest’ordine e non tutti di seguito, ma devono comparire nel testo. Poi ci sono le variabili: per esempio, dati storici sul lavoro eseguito o rappresentato, soprattutto se non è molto noto; cenni sulle passate esperienze e sul percorso degli interpreti; inquadramento nel contesto della stagione o della rassegna in corso, e via dicendo. Queste sono tutte informazioni che non sono solo utili al lettore, ma almeno in parte possono corroborare la valutazione critica.
Descrizione. In una recensione, è opportuno descrivere quello che accade intorno all’avvenimento musicale, facendo attenzione ai dettagli meno usuali: per esempio, il concerto si è svolto in un luogo non deputato alla musica? Gli esecutori erano vestiti in modo informale? Il pubblico è scoppiato in applausi a metà di una sinfonia? Bisogna anche riferire le reazioni finali degli spettatori, dal successo caloroso al malcontento (che per fortuna non si manifesta troppo spesso).
Esecuzione. Parlare di un’esecuzione è la cosa più difficile, in una recensione. È lì che si misura la competenza del critico. Se non si possiede la preparazione necessaria, è meglio, in un testo stilato solo per il piacere di farlo e non destinato alla pubblicazione, evocare le sensazioni e le emozioni che la musica ha suscitato in chi scrive. Sempre con misura, comunque, con lucidità e senza sentimentalismo.
Fantasia. Un po’ di fantasia non guasta, in una critica musicale. Un’immaginazione vivace può generare un approccio insolito agli argomenti, accostamenti anche arditi, brevi digressioni che servono a illuminare i concetti principali e altro ancora. L’elemento creativo e sorprendente, in un testo critico, è come una spezia che esalta il sapore del cibo, e come una spezia va dosato con attenzione.
Gioventù. I giovani musicisti meritano un occhio di riguardo nell’accoglienza e nel giudizio. Sono persone che fin dall’infanzia si sono dedicate al proprio strumento, con notevoli sacrifici anche soltanto in termini di ore di divertimento e di gioco, e ora si affacciano a una carriera di cui non si può prevedere la portata. Il giudizio di un critico nei loro confronti dovrebbe mirare non tanto a un’indulgenza indiscriminata, quanto all’individuazione delle qualità già evidenti nella loro prestazione artistica e dei loro possibili sviluppi.
Hit parade. Ciascuno ha la propria classifica personale degli autori e dei brani più amati e anche quella dei meno apprezzati. In una critica, però, il proprio gusto personale non dev’essere in nessun modo presente come categoria di giudizio. Bisogna essere il più possibile oggettivi ed evitare di pontificare su ciò che non si ama o non si comprende. Ti annoia, per esempio, la musica contemporanea? Non scriverne. Però non evitare di ascoltarla e prova a farlo con un atteggiamento disponibile: potresti fare delle scoperte molto belle.
Indipendenza. Il concetto è fondamentale soprattutto per i critici di professione, che devono mantenersi indipendenti nel giudizio e sottrarsi all’eccessiva benevolenza nei confronti di amici musicisti, organizzazioni con le quali desiderino rimanere in buoni rapporti, professionisti del settore che potrebbero rivelarsi utili e via dicendo. Anche un critico dilettante, amateur come dicono i francesi, può tuttavia sentirsi in imbarazzo, magari perché il suo parere è diverso da quello degli amici. Come in tutti gli accadimenti della vita, anche in questo caso bisogna avere il coraggio delle proprie opinioni; ma, nello stesso tempo, essere disposti a temperarle se le argomentazioni contrarie sono fondate e convincenti.
Lunghezza. La recensione che esce su una testata cartacea, cioè un quotidiano o un periodico, dev’essere della lunghezza richiesta dalla redazione, che avrà preventivamente specificato il numero di righe necessario. Per l’impaginazione, i giornali hanno delle gabbie, o griglie, entro le quali devono stare gli articoli: questi non possono essere troppo corti, perché lascerebbero spazi vuoti, né troppo lunghi, pena sanguinosi tagli da parte di chi controlla l’impaginazione e non ha il tempo di lavorare di cesello. Sul web, cioè sui blog o sulle testate online, la libertà per chi scrive è maggiore; meglio però non eccedere nella lunghezza dei testi, perché chi legge su internet ha spesso un brusco calo di attenzione.
Meraviglia. Anche al critico più rodato e smaliziato accade, di tanto in tanto, di ascoltare qualcosa di straordinario, che suscita meraviglia. È una ricompensa per le serate meno riuscite, un po’ noiose e di routine, che a volte deve sopportare. Il critico dilettante, con meno esperienza d’ascolto, può trovare più di frequente motivi di meraviglia in ciò che ascolta. È una gran bella cosa, ma nello scrivere bisogna sempre impostare in termini relativi il proprio giudizio: ti è sembrato di ascoltare il miglior direttore d’orchestra mai esistito? Ricordati che c’è stato Carlos Kleiber.
Navigazione. Su internet, navigare è facile e permette di raccogliere una quantità di materiale che può dare sostanza alla recensione: dati storici, biografie dei musicisti, critiche, programmi di sala, informazioni di ogni tipo. La regola, in questo come in tutti i campi, è non copiare testi pubblicati; il consiglio è quello di usare un occhio critico anche nel selezionare il materiale, perché imprecisioni e strafalcioni sul web abbondano.
Orizzonti. Gli orizzonti della musica non sono limitati e non bisogna dare ascolto a chi, con sparate in buona parte auto-promozionali, sostiene che la musica è finita. Un buon critico deve esserne cosciente e deve seguire le novità con apertura mentale. Negli scorsi decenni si è dato il caso di critici in posizioni importanti, dotati di grande erudizione, che ritenevano che dopo Brahms non fosse successo niente di significativo: un limite della musica? No, un grosso limite di quei signori.
Protagonismo. A nessuno interessa che un critico parli di sé, se non in relazione stretta con l’argomento della recensione. Facciamo un esempio: può darsi che in passato il critico in questione abbia ascoltato un’esecuzione eccezionale, secondo lui un caposaldo nella storia dell’interpretazione del brano di cui deve scrivere, ed è utile che citi questo fatto; ma se comincia a inanellare ricordi solo per far sapere quanti grandi interpreti ha ascoltato, pecca di protagonismo e va fuori tema.
Questioni. Un buon critico, professionista o dilettante che sia, si pone molte questioni. Valuta, lima, confronta, si documenta, affronta i propri dubbi su ciò che sta scrivendo. La critica musicale, e non soltanto, si basa in gran parte sulla sensibilità personale, ma in gran parte anche su un’analisi attenta e onesta dell’avvenimento al quale si è assistito.
Ravvedimento. La competenza critica si consolida e si caratterizza in anni e anni di applicazione. È normale che, a distanza di tempo, rileggere una propria recensione mostri quanta strada si sia fatta da quando è stata scritta, ed è possibile che ci si accorga di non essere più d’accordo con il giudizio che si era espresso; o, addirittura, di aver commesso, al tempo, degli errori. Ravvedersi, in questo caso, non deve consistere nel sentirsi in colpa per uno sbaglio fatto in buona fede, ma nell’impegnarsi in modo ancora più rigoroso. Gli errori possono essere, sempre, un’occasione di crescita.
Severità. Chi si esibisce su un palcoscenico ha dedicato tanto tempo e tante energie alla preparazione di ciò che propone al pubblico. Quando si valuta ciò che offre, è bene riconoscere con rispetto il suo impegno. Bisogna evitare l’eccessiva severità: può succedere che, come tutti gli esseri umani, l’artista magari sia in una serata no, può sbagliare qualche nota, magari il suo taglio interpretativo non convince; ma è sempre meglio mettere in rilievo gli aspetti positivi a lato di quelli poco risolti. La stroncatura dev’essere riservata a pochi casi scandalosi (raramente, ma capitano) e dev’essere ferreamente motivata.
Tecnicismi. L’uso di termini tecnici non spiegati può essere consentito solo se la recensione esce su una testata specializzata. Negli altri casi, non solo non bisogna abusare dei tecnicismi, ma è necessario tradurli in un linguaggio che qualsiasi lettore possa comprendere. Un critico coscienzioso tiene sempre a mente questa regola, che viene trasgredita solo da qualche esordiente o da chi voglia esibire la propria sapienza (ma la redazione, quando c’è, disapprova e
taglia).
Utilità. A che cosa serve una recensione? Che utilità ha il lavoro del critico musicale? La critica serve a testimoniare ciò che è accaduto e a farlo comprendere per quanto possibile, a renderne partecipi le persone che non erano presenti e a suscitare un confronto con quelle che c’erano. Può essere, in certi felici casi, uno stimolo per l’interprete, nell’individuazione di strade nuove e differenti, e dalle critiche più sapienti e avvedute si potrà trarre, in tempi successivi, un capitolo di storia dell’interpretazione.
Verità. In ambito critico, ogni giudizio è accettabile e allo stesso tempo è opinabile, perché attiene alla visione personale di chi scrive, alla sua sensibilità e alla sua formazione, che sono diverse da quelle di chiunque altro. Leggendo i testi di vari critici si potranno trovare differenze di valutazione anche molto vistose; ciò non significa che l’uno o l’altro si sia sbagliato, perché ciascuno, che sia critico o spettatore, percepisce la musica in modo personale, diverso da quello degli altri. Per questo dal giudizio critico si possono trarre solo indicazioni, ma nessuna verità assoluta.
Zoom. Una recensione non è un elenco, non è una cronaca, non è la registrazione di tutto ciò che è accaduto durante l’esecuzione o la rappresentazione. Il critico può usare lo zoom e mettere in massima evidenza un aspetto o un momento del concerto o dell’opera: la composizione del programma, un brano in particolare, un’idea della regia, qualcosa che l’abbia colpito in modo speciale e di cui voglia testimoniare l’eccezionalità. Anche un critico non professionista si può cimentare in questa pratica: l’amateur può provare a zoomare su un dettaglio, dandogli una posizione di privilegio rispetto alle altre componenti dell’avvenimento a cui ha assistito, magari perché è quello che gli ha dato l’emozione più profonda in tutta la serata.